Un nuovo anno, un nuovo Festival di Sanremo e nuova musica di merda che ci verrà riproposta all’infinito dalle radio. Almeno fino all’anno prossimo, quando saranno pronti i nuovi successoni commerciali con cui spaccarci i timpani e noi rivaluteremo i successi dell’anno precedente.
È così che canzoni palesemente brutte datate 1990 sono ormai, secondo la memoria collettiva, diventati degli intramontabili successi pop di tutto rispetto. E, anzi, ci stamo tutti organizzando per il concerto reunion delle Spice Girls.
Lo si dice ogni anno: quest’anno Sanremo è caduto davvero in basso. E, infatti, anche quest’anno è il casovdi dirlo: Sanremo è caduto davvero in basso.
Ma vediamo nel dettaglio le proposte dei ventiquattro cantanti in gara.
Emblematica la partecipazione di Young Signor… Achille Lauro (che personalmente ricordo solo in quanto colui che mangiava insetti piangendo durante Pechino Express) e il suo testo privo di senso al Festival. Baglioni l’ha scelto come rappresentante di quella musica brutta che piace tanto ai giovani, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno. Noi no, che almeno ci fa ridere.
A quanto pare, la sua canzone è considerata dai più come molto innovativa, al limite del rivoluzionario. Roba che Guccini con la Locomotiva non aveva capito niente ed avrebbe fatto meglio a farsi un giro sulla rolls royce.
Arisa, che a me sta sempre simpatica e spero sempre torni al Festival sotto l’effetto annebbiante degli oppiacei ( oppure che si presenti completamente ubriaca come ad X Factor).
Arisa si era rotta di presentare sempre la solita canzone stracciapalle per poter vincere Sanremo. Un po’ come in passato si era stancara di esser ricordata solo come quella di: “Sincerità“. E quindi ha deciso di mixare i due stili e portare una canzone che a tratti ricordi “Sincerità” e a tratti “Controvento“, o “La notte”. Il pezzo è gradevole soprattutto perché parte come una ballata noiosissima, ma poi si evolve in un ritornello allegro e sbarazzino che fa, effettivamente, sentire bene.
Ad ogni modo sempre sia lodata Arisa che mischia due proposte vecchie rispetto a chi, in sedici anni (o peggio venticinque), non ha mai pensato di aggiungere una nota alla sua melodia tipo: vale per Nek, il quale è pronto a non essere pronto mai ( ed infatti la melodia nuova pronta certo non era); ma lo stesso discorso può essere fatto per i Negrita che hanno lasciato a casa la gioia infinita di fare musica e ripropongono la medesima base della loro canzone successo dell’ultima estate, quella in cui facevan sogni più arroganti ma quel giorno no.
Anche Anna Tatangelo decide di ammorbare le anime dei telespettatori proponendo la solita roba trita e ritrita di cui è da sempre grande estimatrice. Qualcuno dovrebbe farle presente che non ha più sedici anni per cui non c’è motivo di assomigliare a mia nonna al fin di rendersi credibile agli occhi dei colleghi, ora ha davvero l’età che avrebbe voluto dimostrare all’epoca e potrebbe anche vestirsi normalmente.
Geniale l’idea di aggiungere “di notte” al titolo “le nostre anime”. Effettivamente senza la seconda parte sarebbe potuto risultare un po’ banale. Ora è una canzone egualmente banale, ma con un titolo più particolare.
Ho ragion di credere che il moento della scelta del titolo sia andato proprio così:
“Allora come la chiamiamo questa canzone”?
“Ripete tutto il tempo le nostre anime, che ne dici di chiamarla proprio così?”
“Come? Le nostre anime? Non trovi sia un po’banale”?
“Aggiungiamoci – Di notte”
“Andata, le nostre anime di notte. Abbiam finito, birra”?
Daniele Silvestri porta Rancore sul palco dell’Ariston, con mia somma gioia perché ritengo che, dopo Caparezza, sia il rapper più valido nel circuito musicale italiano (nonostante il grande pubblico continui a preferigli prodotti tipo Fedez o il suo ex socio – e altri personaggi sempre targati newtopia).
La canzone di Silvestri comunque al pubblico non piace: la metafora con il carcere è troppo azzardata, nessuno ha capito esattamente quale sia la metafora e cosa, in realtà, sia paragonato al carcere. Ma di sicuro è troppo azzadata e lui non doveva permettersi.
Il suo intento era quello di esprimere i sentimenti di un ragazzino che soffre del disturbo da deficit dell’attenzione e spiegare come la societá ( dunque anche famiglia e scuola) abbiano cercato solo di sedarlo anziché aiutarlo ad esprimersi. Un concetto che portebbe a discorsi forse troppo dolorosi, o quantomeno a rivalutare un sistema che sembrava ben collaudato. Secondo il pubblico la canzone dice che andare a scuola è inutile, che i vaccini causano l’autismo e che ci stano controllando con le scie chimiche. Di conseguenza hanno preferito indignarsi in nome delle centinaia di ragazzi normali a cui la scuola piace perché secondo loro la scuola è importante. Non come per Silvestri che dice che è un carcere.
Canzone paracula o meno, scuola o internet che sia, il mix tra le voci di Rancore e Daniele Silvestri voci in Argento vivo è fenomenale.
Gli Zen Circus vengono selezionati per il Festival di Sanremo 2019 e per tutti è un bruttissimo dèja-vu: si era pronti alla canzonetta orecchiabile successone per bambini, e, dunque, allo sputtanamento totale di un gruppo della sfera indie rock italiana di tutto rispetto.
E invece han deciso di portare la solita roba, che può annoiare (perché è, effettivamente, la solita roba), ma ha forse il testo migliore di questo Festival. Inoltre è ammirevole presentarsi a Sanremo con un pezzo senza ritornello.
…Ma soprattutto è una grande rinvincita post partecipazione de Lo Stato Sociale: Ciao Lodo Guenzi guarda Sanremo ed impara come si fa a partecipare ad un festival nazionalpopolare senza per forza svendersi come puttane.
Dopo il successo (?) avuto con la prima collaborazione Shade e Federica Carta decidono di presentarsi al Festival insieme.
Lei si direbbe sempre pronta per la finale di Amici di Maria de Filippi ( ed anche il pubblico sanremese sembra diventato il medesimo dei serali di Amici di Maria de Filippi), mentre lui avere il bicchiere dentro la droga e non la droga dentro il bicchiere.
Il loro duetto è talmente noioso che, visti i ventiquattro partecipanti, ci si dimentica subito di loro. La Fede, nel ritornello infinito ( lo canterá minimo dieci volte in due minuti) ci dice che era passata a prendersi la colpa, ma non ci rivela, però, a chi dovremmo darla per aver partorito questo obrobrio musicale.
Simone Cristicchi, un po’ come Arisa, a me piace sempre: con quell’aria da disagiato e la voglia di cantare come Biagio Antonacci che si porta appresso. Questa volta si è commuove per la sua stessa canzone come un Cocciante qualsiasi mentre canta Margherita, e anche questo mi è piaciuto. Ancora di più è piaciuto al pubblico (sempre forte egli insegnamenti defilipiani) per cui quando uno piange uvol dire he la canzone fosse molto emozionante ( e quando uno azzecca un acuto è molto bravo).
Io della canzone di Cristicchi non ho capito molto, solo che era noiosa e che ad un certo punto non lo ascoltavo più. Molti dicono sia il testo più bello del Festival e io vorrei crederci, perché si tratta di Cristicchi e sicuramente sa scrivere, ma poi leggo di quanto sia rivoluzionario Achille Lauro e allora continuo a dubitarne.
Irama è stato stra elogiato da buona parte della critica musicale – che oramai è completamente svenduta ai voleri delle case discografiche e dei talent show, eppure io la canzone di Irama non l’ho capita. Anche giurano sia impegnata. Non so a far cosa, ma sicuramente non ad essere bella.
Parla di qualche cosa di serio, sicuramente. Lo si intuisce dall’atmosfera cupa e dalla faccia sofferente di Irama mentre canta. Eppure, basandosi unicamente sul testo, sfugge il cosa. Ricorda un po’ non è l’inferno dove era chiaro si parlasse di una guerra, ma non era chiaro quale.
Questa parla di violenza, probabilmente, domestica… ma poi anche d’amore, di qualcuno che resta incinta e non si capisce di chi (se della persona che abusava di lei o di un’altra persona che poi sarebbe Irama). Consapevoli che dal testo non possano essere ricostruiti gli avvenimenti, gli autori hanno deciso di realizzare un videoclip esplicativo dove si capisce che il padre mena e violenta la ragazza dal cuore di latta.
Motta dopo esser stato il cantante rivoluzione dell’anno si presenta a Sanremo con una ballata sentimentale piuttosto mediocre. Secondo lui: “dire ti amo è quanto di più politico si possa fare al giorno d’oggi”. Invece, secondo me, è solo una scusa per giustificare la canzone di merda atta ad acchiappare consensi sanremesi e ad allargare il suo pubblico.
Briga si presenta con Patty Pravo (o Patty fa il piacere a Briga di star sul palco accanto a lui). I due vorrebbero cantare, ma alla sagra della porchett… al Festival di Sanremo vi sono parecchi problemi di audio e di organizzazione.
Uno dei musicisti si assenta per andare in bagno mentre i fonici continuano a svolgere male il loro lavoro e si sentono i rumori di sottofondo fin dal primo minuto (starnuti del pubbblico compresi). Finalmente tona il musicista disperso, ma la base non parte, e, quando parte, parte sopra Patty che cerca d’ingannare l’attesa (mansione che il presentatore più i due aiutanti non sono riusciti ad assolvere).
Non si sa quando sia successo, ma ad un certo punto nell’internet son comparse le fan di Ultimo, tutte d’un botto. Ed erano tante. Tantissime.
E sono tante anche durante questo Festival di Sanremo 2019, per sua fortuna, perché la canzone è davvero poco interessante. Spicca solo la sua voglia di fare tutto in doppio: comprare due rose alla volta, una è lui l’altra tu, apparecchiare per due anche quando è da solo,…
Sarebbe probilmente più interessante indagare sulla sua presunta schizofrenia che starlo ad ascoltare.
Einar ottiene il permesso di salire sul palco dell’Ariston e non sono le prove per la finale di Amici, è effettivamente un concorrente. Anche lui. Anche Einar. E fa quasi tenerezza, lá in mezzo ai cantanti veri, lui che ci giura che scriverà l’amore con parole nuove mentre noi ci domandiamo perché, anziché lanciarsi in un’impresa tanto difficile, non abbia nemmeno tentato di fare lo stesso con la melodia della sua canzone, la quale ha l’assoluta urgenza di scontrarsi con qualcosa di ” nuovo” .
Gli Ex Otago cantano così tardi che è qusi impossibile ricordarsi di loro, vale lo stesso per Ghemon.
Dei primi ricordo solo qualche vago secondo di canzone, del secondo proprio nulla, ma sono sicura abbia fatto un figurone se paragonato ad Achille Lauro.
Enrico Nigiotti, invece, noonostante l’ora tarda, riesce a farsi notare grazie ad una canzone paracula sul nonno che è morto ( presumo) e gli manca. Anche a me, e a chiunque immagino, manca mio nonno ( che è morto sicuramente e non è solo una supposizione), per cui mi sono quasi commossa.
Lui canta bene, ma la canzone assomiglia a tutte le altre già presentate, con le parolacce inserite un po’ a cazzo per mantenere l’aria da cantautore strafottente e togliersi l’etichetta di quello che alle due di notte svegliava Maria de Filippi a causa dei suoi problemi di cuore.
Nino d’Angelo decide di fare un favore al migliore amico della nipote della sorella di sua moglie, e canta insieme ad uno sconosciuto chiamato Livio Cori un brano di cui facevamo volentieri a meno. Soprattutto nel 2019.
Loredana Bertè è tornata dalle sue vacanze in autostop e si è separata da Boombdabash, anch’essi presenti al Festival di Sanremo 2019 (ma io non mi sono proprio accorta della loro esibizione: non li ho sentiti nominare, non li ho visti e non ho ancora sentito la loro canzone). Lory ha mantenuto i capelli blu ed ha evidentemente ritrovato qualche corda vocale lasciata in cantina ad invecchiare insieme al vino, probabilmente si piazzerá bene e potrà dire grazie a se stessa, non certo alla sua canzone
Fra quelli che decidono di ripresentarsi con la medesima melodia di sempre, troviamo anche quei simpaticoni imbrattapareticonlamerda de: Il Volo.
…Se la melodia non l’han cambiata i Negrita, Nek, e tutti gli altri, perchè dovrebbero farlo loro, che con questa c’han pure vinto. E sulle note di “Grande amore” ci presentano un’ altra canzone d’amore altrettanto brutta ma pronta per diventare un successo in Bangladesh.
Mahmood, anche lui relegato fra gli ultimi ( secondo un sistema giustissimo per cui si può votare la canzone solo durante l’esibizione) presenta uno dei brani più innovativi di questo Festival a cu speriamo venga dato più spazio nelle prossime puntate.
A Paola Turci è bastato un anno a Mediaset in compagnia di Maria de Filippi per trasformarsi da cantante molto intonata a una che non azecca un acuto. Forse, dopo tutto, Morgan aveva ragione: negli studi Elios avviene qualcosa di strano, rapiscono le persone e poi le trasformano in prodotti spazzatura manco troppo intonati. Speriamo che Paoletta trovi presto il sacro Graal.
Francesco Renga canta per primo, anche la sua canzone assomiglia a qualsiasi altra sua canzone, e, complici le altre ventitre esibizioni, è molto facile dimenticarsi di lui ( che infatti in questa lista è ultimo poichè stavo per dimenticarmelo del tutto).
Il commento migliore che Renga può aspettarsi, comunque, l’ha giá udito quando dagli spalti una signora ha gridato: ” Sei bellissimo“.